venerdì 18 gennaio 2008

Pel di carota-Jules Renard


Perché voi non valete la mia nocca…

[Pel di carota]

Penso che per apprezzare appieno i contributi di Busi sia necessario precisare cosa essi non intendano fare. Innanzitutto, non è compito loro fare un’analisi o dare una chiave di lettura dei testi, se non molto sintetica. Il tempo non lo consente, né la televisione costituisce lo strumento più efficace data la diffidenza che molte persone provano nei suoi confronti. In secondo luogo non intendono creare alcuna distanza, né col pubblico né con noi ragazzi presenti in sala, cosa che si sarebbe immancabilmente creata se Busi avesse recitato la parte del maestro che educa i suoi ascoltatori.
Il loro obiettivo è piuttosto sensibilizzare gli spettatori alla lettura dei testi, non l’interpretazione di un’opera che molto probabilmente pochissimi hanno letto. In questo c’è da fargli un applauso, perché moltissimi critici non riescono a raggiungere questo scopo, o peggio nemmeno se lo pongono. Le loro pubblicazioni, spesso ristrette al solo ambito accademico, spaventano il lettore oppure ne cercano uno ideale, specializzato, senza preoccuparsi del fatto che finiscono per allontanare il potenziale lettore – quello vero – dal testo che stanno esaminando.
Ma non si deve concludere affrettatamente che questo invito alla lettura sia acritico. Infatti, dal discorso sulla fiaba, Busi si sposta gradualmente (direi, delle volte, quasi impercettibilmente) a porre l’attenzione su problemi concreti, che ci riguardano e chiedono rimedio. Viene allora naturale dire che siano questi, e non altri, i momenti più felici delle puntate di Busi, e i soli forse a richiedere delle considerazioni ulteriori da parte nostra.
Nella puntata di Pel di carota, tre sono i momenti felici: la proposta di abbassare la maggiore età dai diciotto ai sedici anni, lo sprezzante e provocatorio invito a non guidare sotto eccitazione da alcool e droga, il racconto sulla "rinascita" della madre.
A mio avviso non si può che essere d’accordo sul considerare i ragazzi di sedici anni come maturi, responsabili delle loro azioni e quindi perseguibili di reato. A quell’età il ragazzo è ormai formato nel corpo e nella mente, ed è in grado di esprimere le sue idee, avere i suoi comportamenti sessuali e relazionarsi col mondo nella maniera che favorisce.
Altro che incapacità di intendere e di volere! Al massimo i suoi voleri e le sue capacità cognitive potranno col tempo affinarsi, perfezionarsi, magari anche cambiare. Questo lo capisco e lo giustifico anch’io. Ma dire che un ragazzo possa fare o scegliere qualcosa coscientemente solo al compimento del diciottesimo compleanno, solo la legge lo giustifica, mentre la vita ed il contatto quotidiano con i giovani dimostrano esattamente il contrario. Lo stesso romanzo di Renard, senza andare troppo lontano, lo dimostra: basti solamente vedere con quanta lucidità Peldicarota attiri il gatto randagio con una ciotola di latte per poi ucciderlo a pugni mentre ancora si lecca soddisfatto le "labbra dolciastre".
Oltre alla legge, ad aggravare la situazione è questa idea bigotta che la famiglia italiana debba sempre e comunque difendere il ragazzo, non importa cosa abbia fatto. Non mi piacciono le generalizzazioni, ma penso di essere nel vero quando dico che, qualora un bullo incendi una scuola o commetta qualche altro "piccolo" reato, il padre medio si limiti a pagare i danni ed a fare una ramanzina al figlio. Invece, penso che il padre che ama realmente suo figlio e voglia dargli un futuro sereno debba costringerlo a trovare lui stesso i soldi da restituire ed a rimediare agli errori che ha commesso. Sebbene poco piacevole, questa decisione tutela sicuramente il ragazzo e gli consente di affrontare con l’ottica giusta la vita che verrà, una cosa che nessuna legge e nessun mammismo è in grado di dare.
La mia considerazione sul secondo "momento felice" sarà più breve. Dopo aver invitato il governo ad abbassare la maggiore età, Busi ha pronunciato la frase forse più memorabile della puntata contro coloro che guidano in stato di ebbrezza. "Lo facciano pure, ma mi seccherebbe ritrovarmi in un incidente, anche solo se mi ferissi una nocca… perché voi non valete una mia nocca". Non trovo argomenti per criticare l’asserzione di Busi. Chi volesse dimostrare il contrario deve smettere di agire così e lavorare sodo: lamentarsi per lo scarso tatto di Busi o per l’antipatica asserzione non costituiscono delle giustificazioni. La verità, oltre che nuda, è anche scorbutica alle volte.
Non credo che questa asserzione e l’invito ad abbassare l’età giuridica siano solo delle vuote provocazioni. A Busi potremmo rinfacciare tante cose, ma non certamente di non essere un individuo sincero e genuinamente schietto. Tuttavia, è pur vero che all’atto pratico noi non possiamo che sensibilizzare al cambiamento più che promuoverlo, mentre l’iniziativa concreta dovrebbe partire dall’alto; speriamo, almeno, che l’individuo singolo abbia almeno la maturità di porsi il problema.
Quanto alla toccante descrizione del rapporto di Busi con la madre non posso aggiungere nulla, ma solamente provare una grande gioia per loro. E’ un’esperienza troppo personale da consentire dei commenti o anche solo la comprensione. Molto meglio, invece, rallegrarsi del fatto che questa Madame Lepic sia riuscita finalmente ad avere un po’ d’amore, dopo le tante difficoltà che la vita le ha posto. A volte è molto più maturo fare così, piuttosto che esprimere dei giudizi o cercare la tanto decantata (e spesso volgare) immedesimazione.

curato da Enrico.

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