La metamorfosi
[Lago dei cigni, Schiaccianoci]
"Rimpiangere il passato, sperare nell’avvenire e non essere mai contento del presente: questa è la mia vita". Questa affermazione di Tchaikovsky, sebbene possa essere propria di moltissime altre persone, è sicuramente più calzante per lui che per chiunque altro. Infatti, se molti possono dire di essere frustrati o tormentati (e quindi ritrovarsi appieno nella frase), pochissimi possono vantare che queste frustrazioni e tormenti non derivino dalle difficoltà della vita, ma solo da un grande genio.
Ed è appunto al suo genio, ed ai balletti per cui ha composto la musica, che la puntata su "Il lago dei cigni" e "Lo schiaccianoci" vuole rendere omaggio. Questo non solo è stato molto decoroso, ma anche molto rispettoso nei confronti dell’artista, in quanto non si è concentrato sulla sua figura o sulla sua vita, ma interamente sulla sua musica ed il testo a cui si è ispirato.
Una delle cose che voglio aggiungere ai discorsi di Busi è una polemica personale contro una sua affermazione, ossia l’invito a ridurre la durata del "Lago dei cigni" ed i requisiti del balletto (un nutrito casting, costosi elementi di scena, ecc).
Razionalmente sono d’accordo con lui, perché la lunghezza dell’opera ed il costo organizzativo precludono l’esperienza del balletto a tantissime persone: non solo per la difficoltà della visione o il costo del biglietto, ma anche per la frequenza della messa in scena (una volta l’anno).
Ma come amante del balletto, che tutti gli anni che viene messo in scena non si stanca mai di vederlo, sono totalmente in disaccordo con queste razionali operazioni. Renderne effettiva anche solo una sarebbe come togliere tutti gli avvenimenti non principali (o drammaturgici) di un’opera teatrale oppure ridurre le scene comiche ad uno spettacolo della commedia dell’arte (ad esempio Arlecchino servo di due padroni): il dramma potrebbe andare comunque in scena senza problemi, ma sarebbe come mutilato.
Sono invece ben più d’accordo quando dice che nel ballo nessuno dei danzatori è mai volgare. Mi riviene in mente l’ultimo allestimento del "Lago dei cigni", tenutosi alle terme di Caracalla. Noi del pubblico trovavamo posto a sedere su di un’impalcatura; questo consentiva, anche a chi trovava posto in "platea", di vedere la rappresentazione dall’alto.
Il palco era invece montato nel mezzo dei ruderi, sempre su di un’impalcatura rialzata. L’alloggio per i ballerini era poco distante; quando non ballavano (ad esempio tra un atto e l’altro) essi rimanevano lì. A collegare questo luogo neutro ed il palco in cui nel frattempo succedeva di tutto vi era una rampa semicoperta.
La cosa curiosa era che, probabilmente per questioni logistiche (se era voluto, l’allestitore era un genio), non c’era una parete che coprisse questa rampa, per cui si potevano vedere i ballerini ed i tecnici percorrere questa per spostarsi dall’alloggio al palco o viceversa. L’unico momento in cui la persona spariva letteralmente dalla vista era una piccola partizione che separava il palco e la rampa.
Ebbene, su questa rampa il modo di muoversi dei ballerini era esattamente lo stesso di quello dei tecnici, anzi appariva più buffo dati i loro costumi di scena. I movimenti ed i modi di fare erano i più quotidiani possibili: braccia incrociate, buffetti sul collo, piedi che aderivano perfettamente al suolo e molti altri. Invece, sul palco erano esattamente l’opposto della quotidianità, oppure un suo stravolgimento. E’ evidente che ringraziare la regina per il regalo ricevuto o ringraziare la compagna ballerina per i complimenti ricevuti non potevano essere la stessa cosa rispettivamente sul palco e sulla rampa, sebbene l’atto pratico di ringraziare fosse identico.
Da queste considerazioni ho tratto due conclusioni. Primo, che questo passaggio da uno stato A (la rampa) allo stato B (il palco) non era graduale, ma un vero e proprio salto; questo salto avveniva in quella zona neutra che – non so se purtroppo o per fortuna – non era visibile. Col salto in A il ballerino perdeva di colpo tutto quello che c’era in B, e ritornava un uomo normale e con gli stessi atteggiamenti del tecnico. Ma col salto in B – e questa è la seconda conseguenza – il soggetto lasciava a terra aspettative e timori di ogni giorno. Su quella rampa, gli artisti potevano essere di tutto, ninfomani, padri/madri di famiglia, dilettanti di fisica o amanti della cioccolata; di colpo, invece, su quel palco, non erano nient’altro che danza e musica.
Quanto a "Lo schiaccianoci" non ho molto da aggiungere. Non conosco – ammetto la mia ignoranza – il testo di Hoffmann, e non sono appassionato di questo balletto come per "Il lago dei cigni". Posso solo dire per visione personale che, con i dovuti accorgimenti, questo balletto può ricalcare benissimo l’atmosfera onirica, che Busi ha indicato come una delle caratteristiche dell’opera di Hoffmann. Chi meglio dei ballerini – ancora più degli attori – sono in grado di trasformare un oggetto o un movimento abitudinario in una veste nuova od inusuale?
Curato da Enrico